Saturday, October 03, 2009

Gente spaesata (C.Pavese)

Troppo mare. Ne abbiamo veduto abbastanza di mare.
Alla sera, che l'acqua si stende slavata
e sfumata nel nulla, l'amico la fissa
e io fisso l'amico e non parla nessuno.
Nottetempo finiamo a rinchiuderci in fondo a una tampa,
isolati nel fumo, e beviamo. L'amico ha i suoi sogni
(sono un poco monotoni i sogni allo scroscio del mare)
dove l'acqua non è che lo specchio, tra un'isola e l'altra,
di colline, screziate di fiori selvaggi e cascate.
Il suo vino è così. Si contempla, guardando il bicchiere,
a innalzare colline di verde sul piano del mare.
Le colline mi vanno, e lo lascio parlare del mare
perché è un'acqua ben chiara, che mostra persino le pietre.

Vedo solo colline e mi riempiono il cielo e la terra
con le linee sicure dei fianchi, lontane o vicine.
Solamente, le mie sono scabre, e striate di vigne
faticose sul suolo bruciato. L'amico le accetta
e le vuole vestire di fiori e di frutti selvaggi
per scoprirvi ridendo ragazze più nude dei frutti.
Non occorre: ai miei sogni più scabri non manca un sorriso.
Se domani sul presto saremo in cammino
verso quelle colline, potremo incontrar per le vigne
qualche scura ragazza, annerita di sole,
e, attaccando discorso, mangiarle un po' d'uva.

Tuesday, April 28, 2009

passa il tempo, passa...

E ancora una volta passa il tempo, passa..passa la luce e la tiepida aria della sera.
Passa il tuo candore, la fame e la tua sete..passa, il tempo.
Riconosco solo il tepore, l'avvicinarsi dell'estate, e di nuovo, tra le foglie, ad assaporare, parole, pensieri assenti, presenti.
E Roma da quassù è così infinita, è così palllida, nella pioggia che cade lieve, poco a poco, nell'umido che sale, che entra su nel naso ed inebria costante i tuoi pensieri. Roma ci guarda, ed è stanca.
Stanca tu, dolce anima, stanca di piegarti al segno evidente dell'interezza della forma, e le parole si accalcano, inutili, fredde, scelte, e nella migliore delle ipotesi, lungimiranti.
Lucido le parole come fossero il simbolo della mia più piena normalità, come fossero il mio schermo.
Ma la pioggia cade e cadrà, e la primavera non comincia.
Ma riconosco il mio tepore, quello stupido avvicinarsi dell'estate.